Alla scoperta del nostro acquedotto:
Come funziona l’acquedotto della nostra provincia? Come é strutturata l’infrastruttura che ogni giorno ci permette di avere l’acqua potabile nelle nostre case?
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Nel 1883 l’Ing. Cav. Giovanni Marsaglia, fattosi cedere dalla Lionese il possesso delle prime sorgenti di Argallo, con larghezza dì mezzi chiara visione dell’avvenire della nostra Città, fece un progetto completo, regolare, che presentò al Comune e quindi con atto 12 Giugno 1883, rogato Balestreri, il Comune di Sanremo, rappresentato dal Sindaco Cav. Bartolomeo Asquasciati, stipulò regolare contratto. Con R. Decreto 23 Marzo 1884 tutti i lavori della condotta furono dichiarati opera di pubblica utilità in base al progetto redatto sotto la data 4 Luglio 1883 e i lavori spinti alacremente con numerose squadre di operai, dirette da abili Ingegneri, nel 1884 furono pressoché ultimati e poi la conduttura fu ufficialmente inaugurata nel 1885, il 12 Marzo.
La base del contratto stipulato col Comune era: durata della concessione anni 80 dal giorno in cui le acque giungevano a Sanremo. Allo spirare della concessione le prese, vasche e l’acqua nella misura di m.c. 7500 giornalieri divenivano proprietà assoluta ed esclusiva del Comune. Il canale principale, potendosi dare acqua ad altri paesi, sarebbe diventato proprietà comunale in ragione della capienza della suddetta quantità di acqua di m.c. 7500. L’obbligo immediato del Marsaglia era di portare a Sanremo 4000 m.c. giornalieri derivati dalle sorgenti di Argallo. Si riservavano 200 m.c. per Ospedaletti ed il Marsaglia si impegnava ad ottenere l’acqua anche dal torrente Oxentina (Vignai – Comune di Baiardo). L’acqua doveva essere venduta ai privati alla tariffa: 100 litri giornalieri, lire 25 250 litri, lire 45 500 litri, lire 60 1000 litri, lire 100 per ogni m.c. in più lire 90 per anno. L’acqua sovrabbondante doveva essere concessa per irrigazione di terreni agrumati, olivati, ortivi, e per altri usi agricoli ed industriali.
La Città di Sanremo prendeva 1000 m.c. giornalieri e si impegnava a pagare il canone di lire 30.000 all’anno e per 30 anni, dopo i quali i 1000 m.c. dovevano essere dati gratuitamente. Era prevista anche una riduzione scalare del canone a seconda dell’aumento della vendita ai privati. Venduti 1000 m.c. al giorno il canone si sarebbe ridotto a lire 25.000 – venduti 2000 a lire 20.000 – venduti 3000 a lire 15.000 – venduti 4000 a lire 10.000 – venduti 5000 a lire 5.000 – venduti 6000 nessun canone. Come si disse le prime sorgenti acquistate furono quelle di Argallo le quali vennero raccolte e incanalate con una tubazione in tubi di cemento del diametro di 400 m/m. lunga metri 1920.
A questa progressiva l’acqua passa con un sifone, formato da tubi di ghisa del diametro. di 300 m/m, il torrente Oxentina, la lunghezza del sifone è di metri 380, la prevalenza metri 8. La tubazione passata sulla sponda destra dell’Oxentina continua per metri 3850 con tubi di cemento del diametro di 500 m/m, fino al Rivo Re Gianco che viene attraversato con un sifone in tubi di ghisa del diametro di 300 m/m, e la lunghezza di metri 500 colla prevalenza di metri 7. Oltrepassato il sifone di Re Gianco la condotta, sempre col diametro di 500 m/m. e la pendenza media di circa 1 per mille, arriva con un percorso di 7180 metri al sifone dell’Armea, o Sant’Anna, che è costituito ancora con tubi di ghisa di 300 m/m, ha la lunghezza di metri 650 e la prevalenza di metri 7. Però dal sifone Re Gianco al sifone Sant’Anna si sono praticati numero tre stramazzi per perdere l’altezza di metri 160.
Oltrepassata l’Armea, il canale si sviluppa sulla sponda destra a mezza costa e con un percorso di metri 1120 arriva in regione Campo di Poggio dove vi sono due serbatoi alla quota 242 e fra di essi un apparecchio di misura a stramazzo che, successivamente modificato, tuttora funziona. La capacità dei serbatoi è di m.c. 2000. Dalla vasca di Poggio partiva la condotta forzata in tubi in ghisa del diametro di 220 m/m. che portava l’acqua ai tre serbatoi degli Archi, sopra la Madonna della Costa, alla quota 170. La capacità di questi tre serbatoi è di m.c. 1.500. Dal serbatoio degli Archi partono tuttora le tubazioni di distribuzione dell’acqua. Il signor Ing. Marsaglia aveva costrutto subito la tubazione di cemento col diametro di 500 m/m, il che sarebbe stato esagerato se egli non avesse voluto utilizzare quel canale, che può portare fino a 12.000 m.c. giornalieri, anche per altre acque e non soltanto della regione. Le sorgenti di Argallo acquistate dal Marsaglia potevano allora dare circa 2000 m.c. d’acqua al giorno, per cui è evidente che il Marsaglia voleva incanalare, come risulta anche dal citato contratto, altre acque potabili e non solo quelle che derivò dalla regione Vignai posta nel tratto superiore del bacino dell’Ossentina. Qui le sorgenti raccolte e incanalate prendono vari nomi, Acque bianche, Gentile, Beneintaiga, Pie, Nove Vene ecc. Tutte queste sorgive raccolte con tubi di grés e di cemento venivano riunite in un tubo del diametro di 350 m/m in cemento, a partire dalla località Pie.
Questo tubo passa sulla sponda destra dell’Oxentina e dopo un percorso di m. 1590 arriva in regione Molino per riunirsi alle acque raccolte nel vallone delle Nove Vene. Nel tratto di metri 1590 sono interposti numero sei stramazzi formati con tubi di ghisa del diametro di 150 m/m. e questo per perdere quota ed arrivare al livello del tubo principale. La raccolta delle acque di Nove Vene è fatta con una tubazione principale lunga metri 1650 e del diametro di 150 m/m. in tubi di cemento. Dal Molino il tubo di raccolta prosegue col diametro di 400 m/m. fino al sifone delle acque di Argallo con un percorso di metri 2630. Qui le acque di Vignai, unite a quelle di Argallo, proseguono per Sanremo con un percorso totale di metri 17.990 fino ai serbatoi di Poggio. Dai serbatoi di Poggio a quelli degli Archi il percorso in sifone è di metri 5500 e la prevalenza è di metri 72. Da Sanremo l’acqua, secondo il contratto, fu portata anche ad Ospedaletti con tubazione in ghisa del diametro di 135 m/m. capace di dare i 200 m.c. giornalieri previsti. L’acqua ad Ospedaletti arriva con un percorso di metri 6230 ad un serbatoio della capacità di 500 m.c. e alla quota 140.
Nell’anno 1893 il signor Marsaglia, valendosi della clausola contrattuale pattuita col Comune di Sanremo, si impegnò a portare a Porto Maurizio m.c. 750 di acqua potabile derivati dal canale principale alla progressiva 13.370 da Argallo, in regione Sant’Anna, territorio del Comune di Bussana, ora Sanremo, alla quota 390. Questo contratto stipulato dal Marsaglia ebbe la piena approvazione e riconoscimento dal Comune di Sanremo sotto la data 18 Aprile 1899. Alla deviazione è applicato un misuratore a pressione, tipo Ribera, il quale venne convenientemente tarato per garantire la quantità d’acqua ceduta a Porto Maurizio. La distribuzione dell’acqua potabile a Sanremo è stata fatta fino ad ora con misura diretta o lente idrometrica e le canalizzazioni di distribuzione sono andate sempre crescendo e, al momento della municipalizzazione, avvenuta nel 1908, salivano a metri 56301. Dopo venti anni dalla costruzione ed esercizio dell’acquedotto, le condizioni generali essendo cambiate, la popolazione sanremese trovava oneroso il contratto soprattutto per la riluttanza dei proprietari dell’Azienda dell’acqua potabile a fornire acqua di irrigazione ai prezzi contrattuali. Effettivamente la Direzione dell’Acquedotto non negava l’acqua, che era sovrabbondante, ma voleva venderla al prezzo dell’acqua potabile e non a quello stabilito per l’irrigazione che era di lire 0,10 a m.c. pari a lire 36,50 all’anno.
Qualche cittadino più energico convenne in giudizio l’Azienda dell’acqua ed ottenne dai vari Consessi giudicanti piena ragione. La Direzione dell’Azienda lamentava che il Comune, per i bisogni civici, consumasse più dei 1000 m.c. contrattuali e d’altra parte i signori Marsaglia volendo aumentare la dotazione a Porto Maurizio di 250 m.c. giornalieri avevano bisogno del consenso del Municipio di Sanremo e quindi, per risolvere tutti i contrasti, l’Amministrazione Comunale, presieduta dal Sindaco Augusto Mombello, propose la municipalizzazione dell’acqua potabile che, approvata colle forme di Legge dal Consiglio Comunale, ebbe luogo per il prezzo di lire 2.025.000. Il Comune fece fronte al pagamento con un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti di lire 2.100.000 concesso con R. Decreto 25 Aprile 1907 al saggio del 4 % ammortizzabile in 35 annualità dal 1908 al 1942 e dell’importo ognuna di L.110.667,90. Il regolare contratto della cessione dell’Azienda stipulato davanti al Notaio Gio. Batta Rossi porta le firme dell’Avv. Orazio Raimondo quale Sindaco di Sanremo e del Comm. Ing. Ernesto Marsaglia ed ha la data 25 Giugno 1907. Fra le clausole della convenzione il Comune di Sanremo acconsentì che i signori Marsaglia aumentassero la dotazione della Città di Porto Maurizio di 250 m.c. portandola a complessivi 1000 m.c. giornalieri, di modo che i signori Marsaglia videro approvata la loro convenzione con Porto Maurizio stipulata sotto la data 2 Novembre 1906. La municipalizzazione dell’acqua potabile, superate le prime incertezze sia amministrative che di direzione, mise la Città di Sanremo in condizioni di poter migliorare grandemente tutto l’impianto, ma soprattutto la captazione e regolare protezione igienica delle sorgenti in quanto che ad una amministrazione prevalentemente a base industriale si sostituì una amministrazione a base di interesse civico. Con la convenzione 2 Novembre 1906 fra il Cav. Avv. Filippo Airenti per la Città di Porto Maurizio, nella sua qualità di Sindaco, e il signor Vincenzo Marsaglia, rappresentante anche dei minori, si stipulò che la comproprietà del Comune di Porto Maurizio all’acquedotto di Sanremo si limitasse a tutte le sorgenti nascenti nel lato destro del torrente Oxentina, ossia quelle dei Vignai, Nove Vene,. Pie, Beneintaiga e Bosco Gentile, rimanendo quindi escluse le sorgenti di Argallo.
Essendosi verificato qualche volta l’intorbidamento delle acque in seguito a piogge, anziché ricorrere ai sistemi prima usati di escludere le acque torbide dalla condotta, si preferì, a cominciare dagli anni 1919 in poi, adottare una sistematica verifica di tutte le sorgenti captate dal Marsaglia in modo provvisorio, scavandole convenientemente per raccoglierle al di fuori delle infiltrazioni superficiali delle acque piovane. Questo lavoro di miglioramento della captazione del le sorgenti è stato continuato con passione e larghezza di vedute per molti anni, prima nella zona di Argallo e in seguito nella zona di Vignai.
Nello scavare e migliorare le prime sorgenti di Argallo è risultato che, approfondendo nel terreno roccioso gli scavi si aumentava facilmente la portata delle sorgenti. E così nelle zone di Argallo furono iniziate varie gallerie di raccolta che poi, con concorso di mezzi meccanici più perfezionati, essendosi acquistato nel 1925 un motocompressore per azionare le rivoltelle per la perforazione della roccia, e, in tempo relativamente breve, furono praticate gallerie per circa 500 metri di sviluppo raddoppiando pressoché la portata di quelle sorgenti, colla maggiore garanzia di assoluta purezza delle acque. Il Dottore Sanitario del Comune, in relazione chimico-biologica a parte, dà la conferma della purezza e bontà delle acque di Argallo e Vignai. La stessa opera con amore condotta sulle sorgenti di Argallo è stata estesa a tutte le sorgenti della zona di Vignai per quanto la compartecipazione di Porto Maurizio nella proprietà rappresenti praticamente un ostacolo o almeno un freno per i nuovi lavori. Durante l’esercizio municipale della gestione dell’Azienda, che nei primi tempi era stata esercitata in economia sotto la direzione dell’Ufficio tecnico comunale, e più ancora quando fu eretta in Ente Autonomo con separata amministrazione, si ebbero interruzioni nella condotta, di poca entità e prontamente rimediate, ma, nel Novembre 1910 una frana in regione Ginestra asportò completamente il canale per un tratto di metri 150 e la Città rimase quasi senz’acqua per parecchi giorni. Dato il terreno instabile si dovette procedere alla costruzione di una galleria che risultò lunga metri 169 e costò lire 116.080,34, lavoro eseguito nel 1914-15, essendosi nel frattempo provveduto con tubazioni provvisorie. Per la regione Vignai le acque delle Nove Vene e delle Pie che erano raccolte a mezzo di un tubo in cemento posto nell’alveo del torrente, furono convogliate in tubazioni metalliche di acciaio laminato dei diametri 150-120 e 100 m/m. posti a lato dei torrenti negli anni 1922 e 1923, con una spesa per le Nove Vene di lire 37.374,53 e per le Pie, con un percorso di circa mille metri, con una spesa in economia di circa L.50.000.
Questo lavoro di sostituzione delle tubazioni Marsaglia in cemento venne eseguito anche per le sorgenti di Argallo per le quali però vennero adoperati tubi in ghisa per una lunghezza di metri 620 del diametro di 200 m/m. con la spesa in economia di circa lire 30.000. Mentre si è cercato di migliorare la captazione e il convogliamento delle sorgenti non si è trascurata la rete principale di distribuzione e quelle secondarie. Nel 1927 il tubo che percorre tutto il Corso Cavallotti, Corso Garibaldi, Via Ruffini, Corso O. Raimondo, Via Roma fino alla sede dell’Azienda e che era di 150 m/m. in ghisa, fu sostituito con tubi di acciaio laminato di 300 m/m. di diametro con una spesa di lire 184.143,05. La tubazione in ghisa tolta dai Corsi sopraddetti è stata impiegata a sostituire i tubi in pietra serpentina dell’acquedotto Siro Andrea Carli, il quale è attualmente in piena attività ed è composto totalmente di tubi metallici. Attualmente per utilizzare nel periodo di morbida tutte le acque che può portare la conduttura principale del diametro di 500 m/m. e che, in parte, al serbatoio di Poggio trafioravano ed andavano perdute, si sta impiantando un secondo tubo in ghisa del diametro di 300 m/m. e della portata di 90 litri al secondo, della lunghezza di metri 2330 con una spesa prevista di lire 350.000. Le distribuzioni secondarie sono progressivamente aumentate in modo ragguardevole perché i 56.301 metri di tubazioni acquistati con la municipalizzazione, sono saliti a metri 139.921 senza tenere conto dell’importante impianto di sollevamento di Arma e degli Acquedotti secondari. L’opera di miglioramento delle sorgenti si è sviluppata uniformemente non solo per la captazione delle sorgenti stesse e la loro protezione igienica ma anche per le zone adiacenti alle sorgenti. Il signor Marsaglia per convogliare le acque acquistate, sia ad Argallo che ai Vignai, dovette comperare in generale i terreni nei quali scaturivano le sorgenti, ma non si era preoccupato delle zone limitrofe. Difatti con la cessione dell’acquedotto vennero ceduti anche mq. 67.204 ad Argallo e mq. 61.931 a Vignai di terreni boschili o castagnili, ma la tutela igienica delle sorgenti richiedeva che la zona di protezione fosse assai più estesa e fossero eliminate tutte le possibili cause di inquinamento. Nel 1934 il Direttore presentò un progetto completo per l’estensione delle zone di protezione delle sorgenti, sia di Argallo che di Vignai, il quale comportava l’espropriazione, ad Argallo, di una casa di abitazione e di mq. 298.939 di terreno sia incolto, sia boschile, sia castagnile, e a Vignai la espropriazione di mq. 202.939 di terreno pure incolto, boschile e castagnile.
In data 25 Agosto 1934-XII EF fu emanato il Decreto Prefettizio 14790-IV di occupazione. La spesa per Argallo è prevista in lire 47.154,68, la spesa per Vignai è prevista in lire 24.347,50. L’opera della Direzione si esplica nel favorire il rimboschimento, creando anche vivai di piante adatte e nella razionale sistemazione e pulitura dei terreni circostanti alle sorgenti. Il 10 Aprile 1934, nel Vallone di Argallo detto « Sconsee», che vuol dire frane, si e verificata una grande frana proprio sopra una delle più importanti gallerie di raccolta delle acque minacciando anche la casa di abitazione espropriata. La massa franata era imponente e fu valutata a mc. 30.000 avendo la frana la larghezza di metri 50 e la lunghezza di metri 100 con una profondità media di metri 6. Ottenute le provvisorie autorizzazioni la Direzione provvide subito a sistemare la frana con appositi graticciati di legno e a salvaguardarla da infiltrazioni di acque superiori con ben due canali di guardia costrutti superiormente. Del resto, tutta l’opera dell’Azienda nelle regioni di Argallo e Vignai è improntata alla massima larghezza verso gli abitanti i quali per molti mesi dell’anno, e soprattutto negli ultimi, hanno trovato e trovano lavoro giustamente compensato; le strade sono sistemate, tutti i rivi in vicinanza delle sorgenti, lastricati, limitati da muri di sponda per trattenere le piene improvvise che, data la forte acclività del terreno, vengono frenate con numerose briglie le quali limitano la velocità dell’acqua irrompente. Oltre alle strade si è provveduto anche alla costruzione di ponti regolari; le frazioni di Argallo, Vignai e Ciabaudo, sono provvedute di abbondante acqua potabile, di lavatoi, ecc. La fontana di Argallo Vallone, asportata dalla frana del 1934, è stata ripristinata e si è anche convenientemente provveduto a conservare i diritti irrigatori, per i mesi estivi, costruendo appositi canali in muratura di cemento di rilevante importanza. Per la regione Gabuti di Argallo il canale in cemento è lungo metri 800.
Siro Andrea nato dall’agiata famiglia sanremese dei Carli il 7 Luglio 1797, compì i suoi studi prima a Sanremo e poi a Genova; si laureò in medicina il 24 Maggio 1816 nell’Università di Torino non ancora diciannovenne.
Dall’Università di Torino passò a Pavia, a Milano e a Parma dove conobbe tutti i più illustri professori dell’epoca, passò quindi a Venezia, Bologna, Firenze, Lucca, Pisa, Siena e nel 1818 arrivò a Roma. Da Roma passò a Napoli, ma essendo di sentimenti italianissimi, allora in sospetto, preferì recarsi a Parigi dove si perfezionò in Chimica e nelle Scienze Naturali, apprendendo perfettamente la lingua francese.
Da Parigi passò nel 1820 in Inghilterra per perfezionarsi nell’inglese ma, il clima non troppo mite e l’assiduità agli studi, avevano cominciato ad affievolirne la salute per cui visitò il Portogallo e la Spagna imparando egregiamente anche lo spagnolo.
Nel dicembre del 1821 ritornò a Sanremo.
Nel 1823 a reggere la Provincia di Sanremo, facente parte del Regno Sabaudo, venne mandato Alberto Nota, conosciuto nel mondo letterario per le sue commedie.
Nel 1827 il Nota propose Sindaco della città l’appena trentenne Carli, del quale era diventato grande amico, ma il Governo “temendo l’ammiratore delle libertà inglesi” respinse la proposta; l’anno successivo, ripresentata la proposta, il Governo lo nominò Sindaco con decreto del 29 febbraio.
Il Carli si propose subito di rimediare alla scarsità di acqua e con l’appoggio del Nota, rese pubblico il suo progetto.
La popolazione sanremese accolse con entusiasmo la proposta e le cronache dell’epoca narrano dell’entusiasmo e del fervore della popolazione; ricchi e poveri andarono a gara per aiutare alla realizzazione dell’opera, prestandosi a tutti i più duri lavori di trasporto dei materiali da costruzione.
I signori Ammirati, con regolare atto del notaio Francesco Donetti in data 21 Ottobre 1828, « si sono compiaciuti di fare a questa Magnifica Comunità gratuita concessione di una sorgente d’acqua nascente nel loro terreno boschile e castagnile posto in questo territorio, chiamato Breschi, in vicinanza del cosiddetto Lago Negro ». In cambio ottennero di poter utilizzare l’acqua del troppo pieno della fontana, costruita in località Cardellina, per poter così irrigare le proprietà famigliari (25 settembre 1828).
Secondo i dati esistenti la lunghezza del canale, dalla sorgente alla Porta detta di San Nicola, era di metri 4136 con una differenza di livello di m. 317,71.
Il canale era in muratura largo 20 cm ed alto 16 a fondo curvo ricoperto con lastroni; vennero inoltre posati 757 metri di tubo in cotto verniciato, lunghi 50 cm, del diametro di 12 ed incastrati per 8 per portare da 399 metri prima della Porta San Nicola l’acqua alle fontane di Piazza dei Dolori, di Palazzo, ora Alberto Nota, e Piazza Nuova, ora Mercato – Eroi Sanremesi – con un percorso totale di metri 4971,20.
Le vasche erano in pietra calcare dei Balzi Rossi e la loro costruzione fu appaltata e deliberata il 17 Giugno 1828 a Francesco Serra di Vincenzo.
La fontana alla Marina, Piazza dei Missionari, ora Bresca, fu deliberata più tardi il 18 Agosto 1834, con una tubazione di 320 metri a partire dalla fontana di Piazza Palazzo, A. Nota, di modo che tutta la lunghezza della conduttura salì a 5291,20 metri.
Questo importante lavoro aveva ottenuto il plauso di tutti i cittadini e lo scrittore Pietro Giordani, amico del Carli, dettò un iscrizione la quale doveva eternare la gloriosa memoria:
MDCCCXXVIII IL CONSIGLIO DEL COMUNE AD ISTANZA DI ALBERTO NOTA R. INTENDENTE PER CURA DI A. CARLI SINDACO NELLA CITTÀ CHE BEVEVA SCARSO E REO CONDUSSE PER PIÙ DI VM METRI ACQUA OTTIMA VINTE LE DIFFICOLTÀ DELL’OPERA ACCORCIATI GRANDEMENTE IL TEMPO E LE SPESE DA UNIVERSALE E GENERALE CONCORSO DI OGNI ORDINE DI CITTADINI
Nel 1828 la popolazione di Sanremo era di diecimila abitanti circa, non risulta quale fosse allora esattamente la portata della sorgente, ma, nel 1934, era di m.c. 430 giornalieri per cui la dotazione era di 43 litri per abitante.
Al benemerito cittadino Siro Andrea Carli, sei volte Sindaco, tre volte Deputato al Parlamento di Torino, che nel 1831 aveva costruito un pubblico lavatoio (ora demolito), nel 1838 l’attuale Cimitero Monumentale e nel 1843 aveva iniziata l’attuale Via Matteotti, il Comune e i cittadini eressero un monumento in Piazza Mercato con la dedica:
A SIRO ANDREA CARLI SINDACO BENEMERITO MDCCCLXXXIX
Crescendo la popolazione di Sanremo, che nel 1884 era di 15716 persone, le fontane di Siro Andrea Carli, per quanto migliorate nella condotta con la sostituzione di tubi in pietra serpentina, non erano più sufficienti; con l’estendersi dell’abitato era fortemente risentita l’insufficienza dell’acqua potabile che si voleva anche nelle case private.
Le proposte al Municipio di Sanremo non mancarono. La Società francese Galopin, Sue, Jacob & C. propose nel 1881 di derivare dal subalveo del fiume Roya, oltre il Castello di Piena, duecento litri al secondo pari a 17280 m.c. al giorno con altezza massima di distribuzione di 120 metri.
La Ditta Galopin voleva dare l’acqua da Ventimiglia a Sanremo, servendo tutti i paesi.
La Società Italiana per Condotte d’Acqua con sede in Roma, in data 28 Dicembre 1881 domandò che il Comune facesse un regolare concorso sotto determinate condizioni che essa offriva.
La Société Lyonnaise des Eaux e de l’Eclairage, che si era assicurata la proprietà delle sorgenti di Argallo, Comune di Badalucco, offriva 20 litri di acqua al secondo.
L’opinione pubblica propendeva per l’acqua di sorgiva, ma le discussioni andavano per le lunghe e il pubblico si sfogava nei carnevali a mettere in caricatura la venuta delle acque di Argallo che camminavano a passo di tartaruga o di lumaca.
I pozzi di Roverino hanno cominciato a portare l’acqua fino a Sanremo nel 1975. La prima fase dell’ opera, finanziata dal Comune di Sanremo, è giunta a compimento ed ora Sanremo è alimentata da una portata di 900 l/s, convogliata attraverso una condotta in acciaio, parte via terra e parte via mare di 800 mm di diametro, della complessiva lunghezza di 17 km
Sala macchine
Nella sala macchine sono installate 4 elettropompe (una di riserva), ad asse verticale, a ruote multiple in serie, con le seguenti caratteristiche:
portata 300 l/s
prevalenza 175 mt.
potenza 800 CV
giri 990
rendimento pompa 87,5 %
rendimento motore 95,6 %
Le pompe sono state costruite dalla Riva Calzoni S.p.A. e dalla Tecnomasio Italiano Brown Boveri, entrambe di Milano.
Potabilizzazione
La potabilizzazione dell’acqua avviene mediante biossido di cloro; viene prodotto, sottovuoto, per reazione di soluzione di clorito sodico con acido
cloridrico; il dosaggio è automatico in funzione del cloro residuo e con regolazione proporzionale-integrale.
L’impianto è stato realizzato dalla Società Fisher e Porter Italiana.
Stazione dl trasformazione
Nella stazione di trasformazione dell’energia elettrica sono installati due trasformatori, di cui uno di riserva, aventi le seguenti caratteristiche:
tensione primaria 15 kV
tensione secondaria 6 kV
potenza 5 MVA
raffreddamento naturale in olio.
Dal 2001 una seconda tubazione porta l’acqua fino ad Imperia.
La diga di Tenarda è stata costruita nei primi anni ’60. Il lago artificiale misura 0,3 kmq e può contenere circa 2.000.000 m3 di acqua; la diga è del tipo a gravità ordinaria, misura 33,5 m circa di altezza e 195 m di lunghezza.
L’acqua proveniente dall’invaso arriva a Poggio ed Arma dove viene filtrata e potabilizzata.
Le fonti principali di produzione sono state fino a poco tempo fa due: le sorgenti della Valle Oxentina e la falda freatica dal subalveo del torrente Argentina. E’ evidente che se si fosse adottato per le utenze irrigue il sistema a contatore, la portata indispensabile per le esigenze dell’irrigazione durante la stagione estiva di maggior richiesta non avrebbe potuto superare il gettito delle sopracitate fonti di produzione. Poiché questo si sarebbe verificato proprio nel periodo di maggiore magra di queste ultime, ne sarebbe derivata una forte limitazione della superficie coltivata a fior ed una scarsissima utilizzazione dell’acqua.
Perciò il sistema a lente idrometrica per l’irrigazione è basato sul criterio del massimo sfruttamento delle limitate risorse idriche disponibili, tenuto conto che l’elevato reddito realizzabile colla coltivazione a fiori dava sufficiente margine per lo immobilizzo dei capitali necessari per la costruzione della vasche.
L’approvvigionamento dell’acquedotto è stato nel 1963 integrato con l’immissione nella rete di distribuzione dell’acqua derivata dal bacino artificiale di Tenarda nell’alta Valle Nervia. Tale nuova risorsa idrica ha permesso l’eliminazione della critica situazione che andava sempre più aggravandosi in questi ultimi anni per deficienza di acqua nella rete di distribuzione soprattutto nella stagione estiva.
Il contributo dell’impianto di Tenarda ha però una portata limitata in quanto è previsto per fronteggiare l’incremento dei consumi per una decina di anni, in attesa della realizzazione del progetto di derivazione dal subalveo di Roya.
Considerato che, allorché l’impianto di Tenarda è entrato in funzione nel 1963, ha dovuto colmare una situazione di approvvigionamento deficitaria da tre anni, ne deriva che nel 1970 avrebbe potuto assicurare il fabbisogno idrico durante il periodo estivo ancora per soli cinque anni.
Per tale ragione l’Amaie presentò il progetto esecutivo di derivazione dal subalveo del fiume Roya in base ad una concessione di cui era in possesso e realizzò la nuova condotta del Roya.
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